Estate 2006, villaggio vacanze con due amici.

Dopo i primi tre giorni a cercare di accoppiarci con qualsiasi cosa si muovesse e senza ottenere mezzo risultato io avevo adocchiato una ragazza russa, in vacanza con degli italiani, credo per uno scambio interculturale o qualcosa del genere.

La tampino per giorni e niente, non mi si fila per nulla, il mio charme meridionale non faceva effetto su quella bionda tigre siberiana.
Penultima sera. Ormai era andata male, ci godevamo le serate dell’animazione (e a vent’anni so’ due palle incredibili), organizzano i giochi del villaggio, qualche prova di forza e noto che la ragazza mi guarda, ma credo sia un caso.
Finiti i giochi si siede vicino a me ma non spiccica parola, io peggio di lei.
Serata finita.

La sera dopo, cena finale della settimana. Ci si veste bene, io e i ragazzi ci guardiamo e vorremmo dire qualcosa tipo: “Stasera o mai più, che domani si parte” ma le facce sono più da “dove c*zzo andiamo a fare figure di m*rda”.

Ci sediamo ad un tavolo e all’improvviso entra lei, jeans stretto e canotta rosa, è insieme ad un’amica italiana che piace ad un mio amico.
Si siedono al nostro tavolo!
Io e il mio amico ci guardiamo semisconvolti, il terzo non fa una piega.

E niente.
Si rompe il ghiaccio, io parlo con la bella biondina putiniana (oddio, ci provo, tra una parola in salernitano, una in italiano, e uno “spasiba” quando arrivano i cocktail), il mio amico con la ruspante romanaccia, niente niente la serata svolta?

Ci sediamo al bar del villaggio. Io mi sono fatto leggermente più impertinente, diciamo così, il mio amico rimane nel mood “romantico mezzo ‘mbriaco” regala braccialetti di filo, prova a parlare a voce bassa mentre sbiascica finché non propongo di andare a bere nel nostro appartamento. La romana si porta l’amica lontano un secondo, tornano e dice di voler tornare a casa.

Io rimango con l’altro amico e la ragazza russa. Le chiedo, cercando di farmi capire, se vuole venire a bere qualcosa nel mio appartamento (avevamo una vodka liscia e mezza bottiglia di rum). Lei si alza, io mi alzo, lo str**** si alza e ci segue.

Arriviamo in appartamento, cinque minuti e torna anche l’altro amico: “P. aveva sonno”, ci fa.

Mi siedo con la mia bella russa sul divano, loro al tavolo, prendo le bottiglie e… C*zzo quanto beve questa!

Più beve e più si avvicina, il mio amico che aveva avuto il due di picche fa: “Io ho sonno, vado a letto” e mi fa un occhiolino al volo.
L’altro rimane a guardare la TV.

La tipa continua con gli shottini di vodka.
A un certo punto mi sfiora… come dirlo in modo non volgare? Vabbè, avete capito.

Io faccio al mio amico, in dialetto stretto per non farmi capire da lei: “S., vir che fa p televisione vatt à coccà”. (S., guarda cosa fa in TV, vai a letto!). Lui non capisce, lei continua gli smanacciamenti finto casuali.

Gli ripeto la frase, stavolta scandendo.
Niente.
Lei continuava mentre rideva.
Io mi stavo eccitinca**ando (figura retorica).

Alla fine gli dico chiaro e tondo: “S., vai a letto, c*zzo”. Finalmente capisce l’antifona. Sono solo le cinque del mattino, dopotutto.
Lui va a letto, chiude la porta e lei mi bacia.

E io.
Niente.

Rispondo al bacio, mi stacco e le dico: “Ti accompagno, è ora di dormire”.
Oh, era troppo ubriaca, non me la sono sentita.

La porto davanti alla porta del suo appartamento.
Ho un bel ricordo, riusciamo a vedere l’alba insieme, almeno io la vedo, lei per me vedeva gli unicorni.

Giorni dopo, tornati a casa, il mio amico continua a sentirsi con la romana, me la passa per salutarla.
“G., ma che è successo con Svetlana? Dai, dimme la verità, che lei non mi ha detto nulla”.
“Perché? Che doveva succedere?”.

“Mi aveva detto che voleva ubriacarsi e poi fare altro con te… Ma poi non mi ha detto nulla della serata”.

Ecco, tutto preparato dalla volpe russa, e io che pensavo: “Poverina, è ubriaca, non posso mica approfittarne”.

PS: il fattarello è divertente ma mi sento comunque di dirvi che se è ubriaca (o ubriaco) riaccompagnatela sempre a casa, il confine tra freni inibitori allentati e incoscienza è troppo sottile.